Industria 4.0 – cos’è e come passarla indenni e migliorati

Ti è mai capitato, guardando un video su YouTube, di fare riflessioni che valesse la pena condividere con gli altri? Le grandi idee solitamente mi vengono sotto la doccia, ma questa volta è successo guardandoun video di YouTube condiviso in una chat dal nome evocativo: “Giovani loamari”.
Il il main topic?  il cibo.
Tralasciando particolari compromettenti, le mie riflessioni di oggi che vorrei condividere con te/voi partono di oggi parte tutte da questo video, guardalo anche tu:

[embedyt] https://www.youtube.com/watch?v=1JW0p3QnXJU[/embedyt]

Francesco, 79 anni, è un mito.
Francesco è anche la testimonianza diretta dei problemi che la trasformazione digitale porta con sé nella realtà lavorativa di molti, e di come si può affrontare un momento critico con pragmatismo ed efficienza.
A patto che prevalga un minimo di senso di responsabilità (hey, hai visto il video che ti ho messo sopra, vero?).

Siamo onesti, non è nulla di nuovo: il mercato del lavoro cambia. Sempre e da sempre. Solo che ora succede, forse, un po’ più velocemente.

Condivido allora alcuni concetti che più o meno conosciamo tutti e li collego con alcune riflessioni per capire assieme come affrontare i prossimi anni; anni tempestosi ed elettrizzanti 🙂

Ci ritroviamo nel pieno del fenomeno chiamato “industria 4.0”. Ammetto che questo nome non mi piace; non è chiaro anche se fa molto fico mettere 2.0, 3.0, 4.0 dietro ai nomi, quindi tradurrò “industria 4.0” con il nome reale e più chiaro per noi ragazzi che abbiamo fatto (almeno) la scuola media puntando al 6++: quarta rivoluzione industriale.

Ora che abbiamo dato un nome un po’ più familiare, prestiamo attenzione al significato alla parola più importante: rivoluzione.

Il termine “rivoluzione” sta ad indicare un cambiamento profondo della società, dell’industria, della politica e una nuova distribuzione ed equilibrio dei poteri che concorrono a governare il mondo.
Quindi parliamo di un fenomeno dirompente, non una semplice introduzione di nuove tecnologie.
Per intenderci: il passaggio dal Commodore 64 alla Playstation è un’innovazione, un upgrade, un grossissimo miglioramento. L’introduzione e la diffusione dei PC e di internet è stata una rivoluzione.

In estrema sintesi, elenchiamo e diamo risalto risalto alla tecnologia che più rappresenta ogni momento storico chiamato rivoluzione industriale:

  • Prima rivoluzione industriale: fine ‘700 e inizio ‘800, introduzione ed applicazione della macchina a vapore
  • Seconda rivoluzione industriale: fine ‘800 e inizio ‘900, uso dell’elettricità e del motore a scoppio
  • Terza rivoluzione industriale: fine anni 50, diffusione del computer e delle telecomunicazioni
  • Quarta rivoluzione industriale: dal 2011 (inizio dell’uso del termine “industria 4.0”), internet, big data, intelligenza artificiale, IoT (internet of things)

Ognuna di queste rivoluzioni ha distrutto e ricomposto il mondo per come era conosciuto fino ad allora, dandogli una forma completamente nuova.
Con il senno di poi possiamo leggere con inevitabilità quanto successo, un nesso logico di causa-effetto, ma per chi si è trovato nel mezzo del periodo di transizione tra il ‘prima’ ed il ‘dopo’ non è stato tutto rose e fiori. Tutt’altro.

Ovviamente c’è chi ha provato a resistere al cambiamento, ma il cambiamento è ineluttabile (cit. Thanos).
Per esempio, sono famosi i casi nelle seconda rivoluzione industriale dove gruppi organizzati di operai sono entrati nelle fabbriche per distruggere tutti i macchinari tessili che li stavano sostituendo, ma senza influenzare il risultato finale della rivoluzione industriale in corso.

Se capiamo la causa dei problemi delle rivoluzioni industriali passate, possiamo in buona misura capire come affrontare la quarta rivoluzione industriale cavalcando l’onda e senza finire miseramente sbattuti sugli scogli? Questa è l’idea, proviamo.

 

Il problema delle rivoluzioni industriali

Esiste un problema? Qual è?
Il problema è di tipo sistemico: la politica, la scienza, e l’industria hanno tempi differenti ed interessi differenti e si muovono con velocità differenti.

Ecco cosa succede: la scienza scopre qualcosa di rivoluzionario (es: macchina a vapore, elettricità, etc…); l’industria applica le nuove scoperte per cambiare il mondo del lavoro o creare nuove opportunità di business (se non c’è regolamentazione tanto meglio, intanto prendiamoci la maggior quota di mercato possibile); infine la politica si ritrova a dover gestire (spesso controvoglia e sempre con ampio ritardo):

  • lavori obsoleti che creano disoccupazione
  • lavori nuovi per i quali la scuola deve essere riorganizzata per formare nuove leve con nuove competenze
  • regole di mercato da aggiornare o creare ex-novo
  • aziende storiche e leader del mercato che chiudono dal giorno alla notte perché incapaci di innovare o di innovarsi
  • un sistema di welfare da creare o aggiornare profondamente
  • centri di potere smembrati e la formazione di nuovi monopoli.

Quanto bello ed utopico sarebbe se – nel mentre che la scienza perfeziona una nuova tecnologia e l’industria si prepara per adottarla produttivamente nel mercato – ci fosse la politica che predispone regole di transizione a tutela di tutte le parti coinvolte?!

 

Affrontare la quarta rivoluzione industriale

Internet of Things, Big data, machine learning, intelligenza artificiale e realtà aumentata sono le principali tecnologie che stanno convergendo verso una nuova automatizzazione dell’industria e delle aziende.

Anche se da più parti si parla in modo allarmistico di “sostituzione dell’uomo con le macchine”, il processo prevede l’affiancamento delle macchine “intelligenti” all’uomo, questo avverrà in modo virtuoso se la sostituzione delle macchine in alcune mansioni verrà accompagnata da una migrazione delle competenze dei lavoratori umani verso le nascenti professioni di chi deve gestire queste nuove macchine.

Articoli più o meno predittivi che mostrano quali lavori scompariranno si affiancano alle nuove professioni che stanno già nascendo:

 

Cosa fa il nostro paese?

Il nostro paese, come altri paesi europei, ha messo in campo una strategia per affrontare le sfide della quarta rivoluzione industriale.
In questo caso, oltre alle difficoltà già menzionate della politica di gestire i cambiamenti in tempo, si prospetta un problema di ‘dimensione’.

Nell’era della globalizzazione, l’idea di affrontare a livello statale un problema dove si deve competere non solo con Cina ed USA, ma anche con le aziende della Silicon Valley (Google, Facebook, Amazon, …) e le grosse multinazionali orientali (Huawei, Alibaba, Wechat,…)  dovrebbe far riflettere sul fatto che un fronte unito europeo dovrebbe essere il minimo punto di partenza.

Se pensiamo che il salario medio nel mercato dell’auto è di 30 dollari, ma il salario medio cinese a parità di qualifica è di 3 dollari comprendiamo subito la volontà imprenditoriale di delocalizzare; ma se aggiungiamo che se il costo medio di lavorazione di un ora di un robot scende a 0,30 dollari si comprende perché siamo davanti ad una fase di massiccia automazione, sia negli Stati uniti che in Cina, ma questo significa anche che pure in europa possiamo riportare produzioni industriali ormai quasi dimenticate.

 

Cosa fanno le aziende?

Le aziende (come quella del gagliardo 79enne Francesco) che capiscono che le nuove tecnologie impongono un evoluzione costante e a volte radicale, puntano sulle persone  formandole e dandogli la possibilità di aggiungere nuove competenze al know how che già hanno.

IBM, per esempio, ha creato per i propri dipendenti il “Career Transition Center” e sono numerosi i casi dove l’industia ha deciso di non attendere i tempi della politica.

 

Cosa possiamo fare noi (che lavoriamo nel mercato turistico)?

Quando entriamo nella soggettività delle persone è sempre difficile dare indicazioni precise, ma considerando le giuste variabili si può ragionare in modo piuttosto preciso.

Proviamo a porci delle “semplici” domande:

  1. In quale mercato opero?
    Ok, questa domanda è molto scontata, ma iniziamo pure con le cose ovvie, così male che vada almeno ad una sappiamo rispondere, e questo fa bene alla nostra autostima 😀
    In ogni modo,il mercato del turismo è ampio, quindi proviamo a rispondere in modo specifico, sono una DMC, un TO, un Consulente Viaggi, mi occupo di business travel, mi occupo di prodotti di massa, mi occupo di prodotti di nicchia, etc…
  2. Come la tecnologia impatterà sul mio lavoro?
    E’ poco probabile che il tuo lavoro scomparirà completamente, ma è molto probabile che cambierà radicalmente. Tutto quello che è operatività può essere automatizzato e sostituito con algoritmi più o meno intelligenti, che esisteranno non per sostituirTi ma per aiutarti a lavorare meglio ed a prendere decisioni migliori.
    Questo processo che vede le nuove tecnologie come supporto all’uomo prende il nome di “intelligenza aumentata” e crea delle prospettive decisamente più interessanti e meno allarmistiche, questo se sarai pronto a fare un salto di livello, che ci porta alla prossima domanda.
  3. Cosa devo migliorare?
    Anche se la scena della pigiatura del film “il bisbetico domato” rimane epica, non ha senso mettersi in competizione con la tecnologia su quello che le macchine riescono a fare bene e senza sforzo,
    [embedyt]https://www.youtube.com/watch?v=44zWgLWB_FY[/embedyt]
    quello che dobbiamo piuttosto migliorare é ciò rientra dentro la categoria delle ‘soft skill’ quindi tutte quelle competenze sociali, relazionali e comunicative che sono indispensabili, abbinate alle “hard skill”, per raggiungere gli obiettivi in ambito lavorativo.
    Le soft skill sono molto più difficili da apprendere delle hard skill, quindi meritano un’attenzione particolare.Riguardo le hard skill, invece, senza creare un interminabile elenco di voci, cito le tre competenze trasversali che considero più importanti:
    gestione del tempo
    – capacità di definire le priorità e le urgenze
    competenze tecnologiche, cioè la capacità di utilizzare con disinvoltura la nuove tecnologie

E tu sei pronto ad affrontare la quarta rivoluzione industriale? 🙂

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